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Legge ROCCELLA Art. 12 Rafforzamento delle misure cautelari e dell'uso del braccialetto elettronico 

L’art. 12 interviene in materia di misure cautelari e, in particolare, di prescrizione del braccialetto elettronico, attraverso alcune modifiche al codice di procedura penale recate dalle lettere da a) a d) dell’unico comma di cui si compone.


La lettera a) modifica il comma 1 dell’articolo 275-bis del codice di procedura penale, imponendo alla polizia giudiziaria il previo accertamento della fattibilità tecnica dell’utilizzo «dei mezzi elettronici e degli altri strumenti tecnici di controllo» ove il giudice ne abbia prescritto l’applicazione congiuntamente alla misura degli arresti domiciliari.


L’articolo 275-bis c.p.p. prevede la possibilità per il giudice che ritenga di applicare la misura degli arresti domiciliari (fin da subito o in sostituzione della custodia in carcere), di “prescrivere” procedure di controllo mediante l’utilizzo di «mezzi elettronici o altri strumenti tecnici» nella disponibilità della polizia giudiziaria. Si tratta del c.d. braccialetto elettronico (o analogo strumento) inserito nella disciplina codicistica dal decreto-legge n. 341 del 2000, nell’ambito di un più ampio intervento normativo concernente la materia della libertà personale.


Ai sensi dell’articolo 275-bis c.p.p., quindi, ogni qualvolta lo ritenga «necessario in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto», il giudice che dispone la misura degli arresti domiciliari di cui all’art. 284 c.p.p. può prevedere il controllo del soggetto in custodia domestica tramite l’utilizzo dei suddetti strumenti elettronici.


Tale previsione, tuttavia, è subordinata, oltreché al consenso della persona da sottoporre agli arresti domiciliari, alla effettiva disponibilità della strumentazione necessaria da parte della polizia giudiziaria, introducendo in tal modo un regime de libertate diversificato sulla base di vicende estranee alla personalità e/o condotta dell’indagato ed «inerenti la funzionalità dell’apparato giudiziario». In assenza dei mezzi tecnici idonei a garantire un effettivo controllo, quindi sembrerebbe doversi applicare la misura della custodia in carcere.


Va rilevato tuttavia che secondo le Sezioni Unite, l’accertata mancata reperibilità del dispositivo, impone al giudice una rivalutazione della fattispecie concreta, alla luce dei principi di adeguatezza e proporzionalità di ciascuna delle misure, in relazione alle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto (Cass. SU, Sentenza n. 20769 del 2016).


La lettera b) interviene sul comma 1-ter dell’articolo 276 c.p.p. per prevedere l’applicazione della misura cautelare in carcere nel caso di manomissione dei mezzi elettronici e degli strumenti tecnici di controllo disposti con la misura degli arresti domiciliari ovvero con le misure coercitive di cui agli artt. 282-bis (obbligo di allontanamento dalla casa familiare) o 282-ter (divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa).


La lettera c) apporta una serie di modifiche al comma 6 dell’articolo 282-bis c.p.p., il quale prevede che per i reati ivi indicati la misura coercitiva dell’allontanamento dalla casa familiare possa essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall’art. 280 c.p.p. (ovvero della reclusione superiore nel massimo a tre anni) e con le modalità di controllo di cui all’art. 275-bis c.p.p..


In particolare, i numeri 1 e 2 della lettera c) integrano l’elenco dei reati contenuto al citato comma 6 con l’inserimento delle fattispecie di tentato omicidio (art. 575) e di deformazione mediante lesioni permanenti al viso (art. 583-quinquies).

Attualmente l’elenco di cui all’art. 282-bis, comma 6, comprende i seguenti reati:

· violazione degli obblighi di assistenza famigliare (art. 570 c.p.);

· abuso dei mezzi di correzione o di disciplina (art. 571 c.p.);

· maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.);

· lesioni personali, limitatamente alle ipotesi procedibili d’ufficio o comunque aggravate (art. 582 c.p.);

· riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù (art. 600 c.p.),

· prostituzione minorile (art. 600-bis c.p.);

· pornografia minorile (art. 600-ter c.p.);

· detenzione o acceso a materiale pornografico (art. 600-quater c.p.);

· tratta di persone (art. 601 c.p.);

· acquisto e alienazione di schiavi (art. 602 c.p.);

· violenza sessuale (art. 609-bis c.p.) anche aggravata (art. 609-ter c.p.);

· atti sessuali con minorenni (art. 609-quater c.p.);

· corruzione di minorenne (art. 609-quinquies c.p.);

· violenza sessuale di gruppo (art. 609-octies c.p.);

· minaccia aggravata (art. 612, secondo comma, c.p.);

· atti persecutori (art. 612-bis c.p.).


La disposizione richiama anche gli artt. 600-septies.1 e 600-septies.2 c.p. benché gli stessi non contemplino ipotesi di reato, ma si limitino a disciplinare una circostanza attenuante e le pene accessorie.


Occorre ricordare che per i reati di cui all’art. 282-bis, comma 6, è altresì consentita la misura dell’allontanamento urgente dalla casa familiare (art. 384-bis). I numeri 3 e 4 della lettera c) prevedono inoltre, sempre in relazione all’allontanamento dalla casa familiare di cui all’art. 282-bis, comma 6, che tale misura coercitiva sia sempre accompagnata dall’imposizione, attualmente facoltativa, delle modalità di controllo previste dall’art. 275-bis, ovvero del cosiddetto braccialetto elettronico, con la contestuale prescrizione di mantenere una determinata distanza, non inferiore a cinquecento metri, dalla casa familiare o da determinati luoghi frequentati dalla persona offesa.


Nel caso in cui la frequentazione di tali luoghi sia necessaria per motivi di lavoro la disposizione prevede che il giudice debba prescrivere modalità e limitazioni. Si prevede, inoltre, che, nel caso in cui l’imputato neghi il consenso all’adozione di tale modalità di controllo il giudice preveda l’applicazione, anche congiunta, di una misura più grave e che, qualora sia accertata la non fattibilità tecnica delle predette modalità di controllo dall’organo a ciò deputato, il giudice imponga l’applicazione, anche congiunta, di ulteriori misure cautelari, anche più gravi.


Infine, la lettera d) apporta modifiche analoghe a quelle sopra richiamate alla disciplina del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, di cui all’art. 282-ter c.p.p. In particolare, il numero 1) sostituisce il comma 1 dell’articolo 282-ter al fine di:

· quantificare in 500 m la distanza minima che il giudice deve comunque garantire nel disporre il provvedimento di divieto di avvicinamento;

· prevedere che nei casi di allontanamento dalla casa familiare per condotte di violenza domestica e di genere, (ex art. 282-bis, comma 6), la misura possa essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall’articolo 280 per l’applicazione delle misure cautelari; · consentire al giudice, con lo stesso provvedimento che dispone il divieto di avvicinamento, di applicare anche congiuntamente, una misura più grave qualora l’imputato neghi il consenso all’adozione delle modalità di controllo previste dall’articolo 275-bis ovvero quando ne sia accertata, da parte dell’organo a ciò deputato, la non fattibilità tecnica. Il numero 2) interviene invece sul comma 2 dell’articolo 282-ter c.p.p. per stabilire che, qualora sussistano ulteriori esigenze di tutela, il giudice possa prescrivere all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati da prossimi congiunti della persona offesa o da persone con questa conviventi o comunque legate da relazione affettiva ovvero di mantenere una determinata distanza comunque non inferiore a cinquecento metri, da tali luoghi o da tali persone disponendo l’applicazione delle particolari modalità di controllo previste dall’articolo 275-bis.



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