L’art. 16 modifica la disciplina relativa alla domanda di indennizzo per le vittime di crimini intenzionali violenti, di cui all’articolo 13 della legge n. 122 del 2016. L’articolo 13 della legge 7 luglio 2016, n. 122, ai fini dell’indennizzo alle vittime di reati violenti, prevede che la domanda di indennizzo sia presentata dall’interessato, o dagli aventi diritto, e, a pena di inammissibilità, debba essere corredata dei seguenti atti e documenti: o copia della sentenza di condanna per uno dei reati per cui è riconosciuto l’indennizzo ovvero del provvedimento decisorio che definisce il giudizio per essere rimasto ignoto l’autore del reato; o documentazione attestante l’infruttuoso esperimento dell’azione esecutiva per il risarcimento del danno nei confronti dell’autore del reato, salvo il caso in cui sia rimasto ignoto l’autore oppure quest’ultimo sia ricorso al patrocinio a spese dello Stato; o dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà sull’assenza delle condizioni ostative di cui all’articolo 12, comma 1, lettere d) ed e), nonché sulla qualità di avente diritto ai sensi dell’articolo 11, comma 2-bis (su cui. V. infra); o certificazione medica attestante le spese sostenute per prestazioni sanitarie oppure certificato di morte della vittima del reato.
Secondo quanto previsto dalla disposizione attualmente vigente la domanda deve essere presentata nel termine di sessanta giorni dalla decisione che ha definito il giudizio per essere ignoto l’autore del reato o dall’ultimo atto dell’azione esecutiva infruttuosamente esperita ovvero dalla data del passaggio in giudicato della sentenza penale. In particolare, la norma in esame:
· elimina dall’elenco dei documenti richiesti a corredo della domanda per l’ottenimento dell’indennizzo la documentazione attestante l’infruttuoso esperimento dell’azione esecutiva per il risarcimento del danno nei confronti dell’autore del reato quando quest’ultimo abbia commesso il delitto di omicidio nei confronti del coniuge, anche legalmente separato o divorziato, dell’altra parte di un’unione civile, anche se l’unione è cessata, o di chi è o è stato legato da relazione affettiva e stabile convivenza;
· aumenta il termine per la proposizione della domanda medesima da 60 a 120 giorni, decorrenti dalla decisione che ha definito il giudizio perché ignoto l’autore del reato o dall’ultimo atto dell’azione esecutiva infruttuosamente esperita ovvero dalla data del passaggio in giudicato della sentenza penale.
La legge 7 luglio 2016, n. 122, in attuazione della direttiva 2004/80/CE, riconosce il diritto ad un indennizzo alle vittime di reati violenti. In particolare l’art. 11 prevede che il diritto a tale indennizzo spetti «alla vittima di un reato doloso commesso con violenza alla persona e comunque del reato di cui all’articolo 603-bis del codice penale [caporalato], ad eccezione dei reati di cui agli articoli 581 [percosse] e 582 [lesioni personali], salvo che ricorrano le circostanze aggravanti previste dall’articolo 583 del codice penale» nonché, in caso di morte della vittima in conseguenza del reato, al coniuge superstite e ai figli; in mancanza del coniuge e dei figli, l’indennizzo spetta ai genitori e, in mancanza di questi, ai fratelli e alle sorelle conviventi e a carico al momento della commissione del delitto. Al coniuge è equiparata la parte di un’unione civile tra persone dello stesso sesso. In mancanza del coniuge, allo stesso è equiparato il convivente di fatto che ha avuto prole dalla vittima o che ha convissuto con questa nei tre anni precedenti alla data di commissione del delitto. L’indennizzo è elargito per la rifusione delle spese mediche e assistenziali, ad eccezione dei delitti di omicidio, violenza sessuale, lesione personale gravissima e deformazione dell’aspetto mediante lesioni permanenti al viso, casi nei quali l’indennizzo è comunque elargito, alla vittima o agli aventi diritto, anche in assenza di spese mediche e assistenziali.
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