La sentenza di applicazione della pena ex art. 444 C.p.p. non fa stato di prova in senso tipico nel processo civile promosso ai fini dell’esercizio dell’azione risarcitoria nei confronti dell’imputato che è stato condannato per effetto di tale pronuncia c.d. “di patteggiamento”. Così come, non costituiscono prove tipiche, nel medesimo processo civile, i verbali di sommarie informazioni rese dalle persone informate sui fatti nel procedimento penale conclusosi con l’emanazione della sentenza di applicazione della pena ex art. 444 C.p.p..
Tale assunto rileva, in termini generali, in quanto la prova deve formarsi all’interno del processo civile, seppure l’azione risarcitoria promossa in sede civile tragga origine da un precedente procedimento penale conclusosi con la sentenza di patteggiamento.
Tuttavia, anche la sentenza di patteggiamento e i verbali di sommarie informazioni possono entrare nel processo civile, se non come prova in senso stretto, senza dubbio come prove c.d. atipiche, contribuendo così a ricostruire il quadro probatorio sul quale l’azione di risarcimento danni si fonda.
A tale conclusione è pervenuto il Giudice di Pace di Verbania, nell’accogliere la domanda di risarcimento danni promossa in sede civile da un cliente dello Studio nei confronti dell’imputato che era stato condannato in sede penale con sentenza di applicazione pena ex art. 444 C.p.p..
A supporto della ricostruzione del quadro probatorio erano state allegate all’atto introduttivo del giudizio sia la sentenza di applicazione pena, sia i verbali di sommarie informazioni rese dalle persone informate sui fatti oggetto del procedimento penale.
A fronte della richiesta di inammissibilità di tali atti nel processo civile, sostenuta dalla controparte, il Giudice di Pace ha accolto la tesi difensiva dell’attore – che aveva promosso l’azione risarcitoria in sede civile – argomentando che “Al di fuori delle ipotesi in cui la sentenza penale ha effetto di giudicato nel processo civile, occorre distinguere tra gli elementi acquisiti dal giudice penale senza la successiva verifica dibattimentale, da quelli sottoposti a contraddittorio o per i quali il dibattimento è mancato per scelta dell’imputato di optare per un rito alternativo,; questi ultimi sono liberamente valutabili in sede civile ex art. 116 C.p.c . posto che la loro acquisizione in sede penale è riconducibile ad una scelta processuale dell’interessato[1]”
Nell’ambito del processo civile, infatti, non esiste una norma di apertura, quale quella prevista dall’art. 189 c.p.p. nel processo penale, che legittima espressamente l’ammissibilità delle prove non disciplinate dalla legge, tale da consentire di acquisire prove oltre a quelle elencate dal Codice stesso.
Tuttavia l’assenza di una norma di chiusura nel senso dell’indicazione del numerus clausus delle prove, l’oggettiva estensibilità contenutistica del concetto di produzione documentale, l’affermazione del diritto alla prova ed il correlativo principio del libero convincimento del Giudice, inducono le ormai da anni consolidate ed unanimi dottrina e giurisprudenza ad escludere che l’elencazione delle prove nel processo civile sia tassativa, ed a ritenere quindi ammissibili le prove atipiche, che tecnicamente trovano ingresso nel processo civilistico con lo strumento della produzione documentale, evidentemente soggiacendo ai limiti temporali posti a pena di decadenza e nel rispetto quindi delle preclusioni istruttorie.
E’ questa la strada aperta dalla giurisprudenza più recente che, pertanto, non prende alla lettera il principio di tipicità: l’elencazione delle prove nel processo civile non è tassativa ma devono ritenersi sempre ammissibili le prove atipiche attraverso lo strumento della produzione documentale, quali quelle già acquisite in un processo penale e la cui efficacia probatoria è quella di presunzioni semplici ex art. 2729 C.c. o di argomenti di prova. Da tali prove atipiche il giudice potrà quindi formulare considerazioni sulla base degli indizi e delle circostanze accertate per offrire un carattere di certezza ad altri fatti utili per la decisione.
Infatti per poter essere prese in considerazione, tali presunzioni dovranno essere gravi, precise e concordanti: ecco che tra le c.d. “prove atipiche” vi rientrano le perizie, le prove e le decisioni di altri processi, gli accertamenti ed i verbali di sommarie informazioni rese dai testimoni alla polizia giudiziaria. Atti che consentono di ricostruire chiaramente ed incontrovertibilmente la dinamica dell’accaduto.
Proprio per le suesposte argomentazioni, sia la sentenza di applicazione della pena emessa dal Tribunale Penale, sia i verbali di sommarie informazioni rese alla Polizia Giudiziaria nel predetto procedimento penale, trovano ammissibilità nell’azione risarcitoria in sede civile come prove atipiche, liberamente valutabili dal giudice[2].
[1] Cass. Civ. Sez. II, 04.07.2019 n. 18025.
[2] Cass. Civ. 5440/2010 – Cass. Civ. 30328/2017 - Cass. Civ. 2258/2018