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La Corte d’Appello di Torino ha ritenuto ammissibile il rimedio dell’opposizione di terzo promosso in primo grado di giudizio dall’appellante, assistita dallo Studio, avverso una sentenza del Tribunale di primo grado con la quale altro soggetto, diverso dall’appellante, veniva dichiarata proprietaria per usucapione di un’immobile.


I fatti di causa: il Tribunale di Verbania aveva con sentenza dichiarato un altro soggetto, diverso dall’appellante, proprietaria per usucapione di un immobile rustico, ordinando all’Agenzia del Territorio di procedere conseguentemente alle variazioni catastali. Con atto di opposizione di terzo ex art. 404 C.p.c. l’appellante conveniva in giudizio dapprima avanti al Tribunale di Verbania la beneficiaria dell’usucapione affermando di essere proprietaria del cespite immobiliare oggetto di usucapione. Premessa l’esposizione delle vicende relative ai vari passaggi di proprietà dell’immobile in questione, l’attrice ritenendo che la sentenza declaratoria dell’usucapione pregiudicasse i propri diritti, chiedeva accertarsi il pregiudizio da lei subito per effetto della citata sentenza ed il suo conseguente annullamento. Esperita la CTU, il Tribunale di Verbania rigettava tuttavia l’opposizione assumendo che l’attrice avesse dedotto di essere proprietaria sulla base di titoli non trascritti e che l’acquisto per usucapione da parte della convenuta nel giudizio di opposizione di terzo fosse avvenuto a titolo originario, sulla base del possesso ultraventennale che l’attrice non aveva contestato. Avverso la sentenza del Tribunale di Verbania veniva proposto appello affermando che il giudice di prime cure avesse errato nel ritenere non contestato dall’attrice il possesso ultraventennale della convenuta nel giudizio di opposizione di terzo, posto che, mediante la ricostruzione dei vari passaggi di proprietà, era emersa l’errata identificazione dell’immobile oggetto del giudizio conclusosi con la sentenza dichiarativa dell’usucapione. La convenuta appellata resisteva contestando l’inammissibilità dell’impugnazione.


La Corte d’Appello di Torino, in accoglimento totale dell’appello riformava la sentenza di primo grado. Preliminarmente la Corte d’Appello rilevava come l’opposizione di terzo ex art. 404 C.p.c. fosse un mezzo straordinario di impugnazione, in quanto esperibile anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza, che il comma 1° riserva ai terzi i cui diritti siano pregiudicati da una sentenza pronunciata tra altri soggetti.


Tale norma appare contraddetta dall’art. 2909 C.c. che, nello stabilire i limiti soggettivi del giudicato dispone che l’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato tra le parti, i loro eredi ed aventi causa tal che sembrerebbe escludere, per soggetti diversi da quelli menzionati, la possibilità stessa che la sentenza pregiudichi i loro diritti.


Al fine di comporre tale contrasto sono state formulate svariate teorie quale quella secondo la quale il pregiudizio deriverebbe dall’esecuzione della sentenza, ovvero dall’accertamento in essa contenuto che determinerebbe modificazioni coinvolgenti la posizione giuridica del terzo; altra teoria formulata sostiene che la sentenza avrebbe efficacia imperativa suscettibile di raggiungere anche i terzi, a differenza della sua immutabilità, limitata alle parti.


Altra questione dibattuta ha riguardato la legittimazione attiva: secondo un orientamento la stessa spetta ai titolari di diritti autonomi e incompatibili con quello oggetto della sentenza, opposta; secondo altro orientamento, devono essere ritenuti legittimati i litisconsorti necessari pretermessi; la giurisprudenza già risalente, ammette la legittimazione di entrambe le categorie di cui sopra, escluso ovviamente il soggetto che abbia assunto qualità di parte in senso formale nel giudizio pregresso. Altro requisito formale è l’esistenza del pregiudizio in capo al terzo, fermo restando che, nel caso di litisconsorte necessario pretermesso, il pregiudizio risiede nello stesso fatto della mancata partecipazione al giudizio. Fatta questa necessaria premessa, la Corte d’Appello osservava come la giurisprudenza fosse del tutto pacifica nel riconoscere, per tale mezzo di impugnazione, una fase rescindente ed una fase rescissoria.


Nella risalente sentenza n. 3021 del 23.11.1963 la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha precisato che “Nell’opposizione di terzo soprattutto quando sia in discussione un rapporto sostanziale unico, il quale non può esistere che in un solo modo rispetto a tutti i partecipanti, interesse a proporre opposizione di terzo e merito sono strettamente connessi, in quanto solo l’accertata sussistenza di un diritto del terzo, incompatibile con la sentenza opposta, può dare luogo al pregiudizio che fa sorgere l’interesse e la stessa legittimazione ad opporsi. Sicchè, esauritasi nel giudizio relativo la fase riguardante la mera constatazione d’inefficacia della sentenza opposta, nei confronti del terzo, per non essere stato questi parte nel giudizio in cui quella venne pronunciata (ammissibilità dell’opposizione) il giudice adito non può esimersi dallo scendere nel merito per accertare anche la proponibilità dell’opposizione, cioè se essa sia fondata in base alla causa petendi fatta valere dal terzo, per poi trattare e decidere il merito stesso”.


Da ultimo la Cassazione (sentenza 11415 del 06.07.2012)ha confermato che “In tema di adozione di minori, l’accoglimento dell’opposizione di terzo, proposta dalla madre naturale in ordine al procedimento di adottabilità della propria figlia, , dal quale era stata pretermessa, non richiede l’apertura di un nuovo procedimento, essendo legittima una nuova pronuncia sostitutiva della prima, in quanto le fasi rescindente e rescissoria si svolgono davanti allo stesso giudice; inoltre, tale pronuncia può essere basata anche su prove raccolte nel precedente giudizio, ove siano tali da integrare gli estremi necessari a dare dimostrazione di fatti controversi” .


Sviluppata questa articolata premessa sulla natura del giudizio di opposizione di terzo, la Corte d’Appello ha rilevato l’ammissibilità del gravame proposto in quanto l’appellante non solo ha dedotto la nullità della sentenza del Tribunale di primo grado ma allegato l’esistenza stessa del suo diritto di proprietà, autonomo ed incompatibile con quello affermato in tale sentenza, conformemente a quanto disposto dall’art. 404 n. 1 C.p.c., diritto di proprietà fondato sui titoli di provenienza sino al comune stipite.


Parte appellante, sin dalla citazione in primo grado ha dedotto tutti i fatti ed i documenti a sostegno del suo diritto di proprietà: “è pacifico che il giudice del merito, nell’indagine diretta all’individuazione del contenuto e della portata della domanda sottoposta alla propria cognizione, non è tenuto ad uniformarsi al tenore meramente letterale degli atti nei quali esse siano contenute, ma deve, per converso, aver riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, come desumibile dalla natura delle vicende dedotte e rappresentate dalla parte attrice mentre incorre nel vizio di omesso esame ove limiti la sua pronuncia alla sola prospettazione letterale della pretesa, trascurando la ricerca del suo effettivo contenuto sostanziale” (Cassazione civile, Sez. I, 14/11/2011 n. 23794).


Deve pertanto secondo la Corte d’Appello ritenersi ammissibile l’opposizione di terzo ex art. 404 C.p.c. esperita dall’appellante, avendo la stessa formulato le relative domande riguardanti sia la fase rescindente sia la fase rescissoria; appare inoltre pienamente compatibile – secondo la Corte d’Appello – il rimedio proposto in funzione del fatto che l’opposizione di terzo può essere proposta nei confronti di sentenze di accertamento ed anzi costituisce il tipo rimedio esperibile dal terzo rispetto ad una sentenza ormai passata in giudicato.


Se la CTU esperita in primo grado ha provveduto alla ricostruzione dei vari passaggi di proprietà, ricostruzione coincidente con quella prospettata da parte appellante, occorreva, ad avviso della Corte d’Appello esaminare se parte appellata avesse contrapposto alla domanda dell’appellante solo mere difese oppure vere e proprie eccezioni e/o domande riconvenzionali, fondate sul suo possesso ultraventennale, suscettibili di capovolgere la pretesa avanzata da parte appellante. Sul punto la Corte d’Appello perveniva ad affermare che parte appellata avesse in primo grado proposto eccezione di intervenuta usucapione ma difettava in modo assoluto la prova dell’intervenuta usucapione: parte appellata non ha prodotto né i verbali di causa relativi alle deposizioni testimoniali nella causa conclusasi con la sentenza declaratoria dell’usucapione, né ha dedotto prove finalizzate a dimostrare il possesso ultraventennale del fondo da parte sua.


Infatti “Il rigore del principio secondo il quale l’attore in rivendica deve provare la sussistenza dell’asserito diritto di proprietà sul bene anche attraverso i propri danti causa fino a risalire ad un acquisto a tiolo originario, ovvero dimostrare il compimento dell’usucapione, non è di regola attenuato dalla proposizione, da parte del convenuto, di una domanda riconvenzionale (o di un’eccezione) di usucapione (atteso che il convenuto nel giudizio di rivendica non ha l’onere di fornire alcuna prova, pur nell’opporre un proprio diritto di sulla cosa rivendicata), anche se la mancata contestazione, da parte del convenuto stesso, dell’originaria appartenenza del bene rivendicato al comune autore ovvero ad uno dei danti causa dell’attore comporta che il rivendicante possa, in tal caso, limitarsi alla dimostrazione di come il bene in contestazione abbia formato oggetto di un proprio, valido titolo di acquisto. Infatti, l’opposizione di un acquisto per usucapione il cui dies a quo sia successivo a quello del titolo di acquisto del rivendicante, comporta che, attenendo il thema disputandum all’appartenenza attuale del bene al convenuto in forza dell’invocata usucapione e non già all’acquisto di esso da parte dell’attore – l’onere probatorio del rivendicante possa legittimamente ritenersi assolto per effetto del fallimento dell’avversa prova della prescrizione acquisitiva, con la dimostrazione della validità del titolo in base al quale quel  bene gli era stato trasmesso dal precedente titolare”. (Cassazione Civile, Sez. II, 30/03/2006 n. 7529).


Ed ancora “In tema di rivendicazione l’onere probatorio posto a carico dell’attore non p di regola attenuato dalla proposizione da parte del convenuto di una domanda o di un’eccezione riconvenzionale di usucapione, s meno che quest’ultimo non invochi un acquisto per usucapione il cui dies a quo sia successivo a quello del titolo del rivendicante, attenendo il thema decidendum all’appartenenza attuale del bene al convenuto in forza dell’invocata usucapione e non già dell’acquisto da parte dell’attore. In tal caso pertanto, l’onere della prova del rivendicante può ritenersi assolto, in mancanza dell’avversa prova della prescrizione acquisitiva, con la dimostrazione della validità del titolo in base al quale il bene gli era stato trasmesso dal precedente titolare, D’altra parte, l’attenuazione del rigore dell’onere probatorio non può ritenersi esclusa in considerazione della posizione del convenuto in rivendica che, pur opponendo un proprio diritto, può comunque avvalersi del principio possideo quia possideo senza alcuna rinuncia a tale situazione vantaggiosa, atteso che, quando invoca l’acquisto per usucapione, il convenuto non si limita ad opporre la tutela garantita dalla legge a favore del possessore indipendentemente da un corrispondente diritto di proprietà, ma deduce di possedere nella qualità di proprietario, chiedendo, nell’ipotesi di domanda riconvenzionale, addirittura una pronuncia di accertamento di tale diritto di proprietà con efficacia di giudicato”. (Cassazione Civile, Sez. II 29/11/2004 n. 22418).


Concludeva pertanto la Corte d’Appello di Torino ritenendo che parte appellante avesse adempiuto all’onere, sulla stessa incombente, di dimostrare l’esistenza di un valido titolo di proprietà sul bene e dei passaggi di tale diritto tra i suoi danti causa, sino a risalire al comune stipite XXXX, mentre per contro l’appellata avesse fallito la prova della propria prescrizione acquisitiva; con ciò il giudice del gravame in riforma dell’impugnata sentenza, dichiarava la nullità della sentenza del Tribunale di Verbania dichiarativa dell’usucapione della proprietà del bene a favore dell’appellata, con conseguente statuizione a favore dell’appellante del diritto di proprietà sul bene oggetto di contestazione.


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