E’ assai frequente, nella pratica, che il costruttore e unico proprietario iniziale di un condominio predisponga il regolamento condominiale contrattuale che viene allegato agli atti di acquisto delle singole unità immobiliari. In questo contesto, alcuni regolamenti condominiali prevedono espressamente una clausola di esonero delle unità immobiliari rimaste invendute dal concorrere al pagamento delle spese condominiali (da quelle dell’impianto di riscaldamento centralizzato, ove esistente, alla pulizia delle parti comuni, sino alle spese di gestione e di amministrazione), in deroga alla previsione di legge secondo la quale le spese condominiali devono essere ripartite secondo un criterio millesimale tra tutti i condomini.
Tali clausole di esonero, specie laddove non prevedano una limitazione temporale della propria applicazione, possono determinate un evidente squilibrio contrattuale ai danni dei condomini che abbiano acquistato dall’originario proprietario/costruttore del condominio: uno squilibrio di intensità variabile ma sulla cui entità influiscono, inevitabilmente, fattori quali il numero dele unità immobiliari rimaste invendute e, soprattutto, l’esistenza di un impianto di riscaldamento centralizzato.
Occorre infatti soffermarsi su tali due fattori in relazione ad una specifica vicenda della quale si è occupato recentemente lo Studio, a difesa delle ragioni di un condomino che aveva acquistato un’unità immobiliare nel 2016 dal proprietario/unico costruttore dell’immobile il quale, nel formare il regolamento condominiale contrattuale, aveva previsto una clausola di esonero delle unità immobiliari non ancora vendute dall’obbligo di concorrere al pagamento di una serie di voci di spesa tra le quali, quelle di uso e di esercizio dell’impianto di riscaldamento centralizzato, di gestione e amministrazione del condominio e di pulizia delle parti comuni.
Dal momento che nel corso degli anni di vita del condominio tutte le unità immobiliari erano rimaste invendute – fatta salva quella acquistata dal condominio che aveva denunciato la vessatorietà di tale clausola regolamentare – era emerso progressivamente un significativo squilibrio a danno di tale condomino il quale aveva visto crescere, nel corso del tempo, l’ammontare della propria esposizione verso il condominio, senza alcuna possibilità di chiedere all’assemblea di modificare la previsione regolamentare, stante la sua posizione assolutamente minoritaria nel complesso della gestione condominiale.
A prescindere dal radicamento della controversia nella giurisdizione arbitrale – in ragione della presenza nel regolamento condominiale di una clausola compromissoria che devolveva alla cognizione dell’arbitro ogni questione connessa all’interpretazione ed all’esecuzione del regolamento condominiale – la vicenda assume interesse in ragione del contenuto della pronuncia dell’Arbitro Unico che ha accolto completamente le tesi difensive sviluppate dal condomino ricorrente, dichiarando la vessatorietà della disposizione del regolamento condominiale che escludeva le unità immobiliari rimaste invendute del proprietario/costruttore dal concorrere al pagamento delle spese condominiali.
Appaiono rilevanti le argomentazioni sviluppate dall’Arbitro Unico nell’accogliere le ragioni della parte istante.
In primo luogo l’atto di compravendita dell’unità immobiliare della parte istante documenta come il bene sia stato acquistato dal proprietario/unico costruttore del condominio che, a propria volta, dopo aver acquistato il complesso immobiliare, lo aveva ricostruito o quantomeno ristrutturato. Tale profilo fattuale non è secondario in quanto esso concorre a riconoscere a favore della parte istante la qualifica di consumatore e al venditore dell’immobile quella di costruttore/venditore professionista. Tale conclusione si correla al richiamo della recente ordinanza n. 20007/2022 della Suprema Corte di Cassazione la quale, lungi dall’affermare un revirement in tema di vessatorietà di clausole di esclusione dal concorso nelle spese condominiali come quella impugnata, ha confermato l’orientamento ormai maggioritario secondo il quale la clausola di esonero delle spese condominiali predisposta dal costruttore/venditore dell’edificio in sede di regolamento contrattuale deve ritenersi nulla poiché in violazione dell’art. 33 del Codice del Consumo, una siffatta clausola potrà ritenersi efficace solo laddove il costruttore dimostri che la stessa sia stata oggetto di trattativa specifica.
Secondariamente, lo scrutinio di legittimità in ordine all’applicazione della clausola di esonero alla contribuzione delle spese in favore del costruttore, dovrà accertare che dall’applicazione della clausola derivi un analogo vantaggio in favore degli altri condomini, al fine di non squilibrare il sinallagma contrattuale tra le parti.
Laddove tali condizioni non siano osservate, la clausola contrattuale è da considerarsi vessatoria in quanto violerebbe l’art. 33 del Codice del Consumo nella parte in cui prevede che “nel contratto concluso tra il consumatore ed il professionista, si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi del contratto”.
Partendo da tale previsione legislativa, la Suprema Corte di Cassazione ha sottolineato come “la clausola provoca un significativo squilibrio“ non tanto negli obblighi di contribuzione derivanti dagli artt. 1118 e 1123 del Codice Civile, ma “dei diritti e degli obblighi derivanti, ai sensi degli artt. 1476 e 1498 del Codice Civile, dal contratto di compravendita concluso tra il venditore professionista e il consumatore acquirente”.
Dunque, le regole del Codice del Consumo possono essere applicate alla ripartizione delle spese predisposte dal costruttore/venditore o da chi deteneva l’intera proprietà dell’edificio, poiché riconducibili all’esercizio della sua attività imprenditoriale o professionale, a patto che l’acquirente abbia lo status di consumatore ed agisca per soddisfare una necessità personale e non un’attività di impresa.
Dall’applicazione al caso di specie della disciplina del Codice del Consumo consegue la declaratoria di vessatorietà dell’impugnata disposizione della clausola di esonero nella parte in cui la stessa, sempre sulla base del principio di diritto statuito dall’ordinanza n. 20007/2022 della Corte Suprema di Cassazione, determina uno squilibrio nella prestazione traslativa del bene compravenduto, prestazione che si estende anche alla parti comuni dell’edificio, come è nella specie, l’impianto di riscaldamento centralizzato.
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