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La c.d. “Legge Gelli – Bianco” 8 Marzo 2017 n. 24 ha profondamente rivisitato il procedimento necessario per l’esperimento in sede giudiziale dell’azione di responsabilità nei confronti di una struttura sanitaria, sia che si tratti di struttura ospedaliera pubblica o privata o struttura di riabilitazione. Dispone l’art. 8, 1° comma: “Chi intende esercitare un’azione innanzi al giudice civile relativa a una controversia di risarcimento del danno derivante da responsabilità sanitaria è tenuto preliminarmente a proporre ricorso ex art. 696 bis del Codice di Procedura Civile dinanzi al giudice competente”.

Conseguentemente, chi intenda far valere un danno da responsabilità sanitaria deve, secondo l’’art. 696 bis C.p.c. ricorrere al giudice ordinario per richiedere una consulenza tecnica preventiva finalizzata alla ricomposizione della lite.


Viene così attivato un procedimento nel quale il Giudice istruttore, previa fissazione dell’udienza di comparizione delle parti avanti a sé, è chiamato a valutare l’ammissibilità della domanda e, se ne ricorrono i presupposti, nominerà un consulente tecnico preposto a rispondere ai quesiti formulati, in relazione all’oggetto della domanda, ed a redigere un elaborato peritale. Tecnicamente il procedimento, presuppone che le parti possano interloquire con il consulente tecnico del Tribunale designando i propri consulenti di parte tal che, il consulente tecnico del Tribunale, una volta accettato l’incarico e prestato giuramento darà inizio alle operazioni peritali, in presenza dei consulenti di parte.


Generalmente il Consulente Tecnico del Tribunale (o CTU) trasmette ai Consulenti Tecnici di Parte una bozza del proprio elaborato peritale, contenente le conclusioni alle quali egli intende pervenire, dando termine ai Consulenti Tecnici di Parte per la presentazione delle proprie osservazioni, all’esito delle quali il CTU depositerà l’elaborato peritale definitivo che, ovviamente, potrà tener conto o meno delle osservazioni dei Consulenti Tecnici di Parte. La peculiarità del procedimento ex art. 696 C.p.c. si rinviene nel fatto che il CTU, prima del deposito dell’elaborato peritale tenta, ove possibile la conciliazione tra le parti tal che, se le parti si sono conciliate si forma processo verbale della conciliazione al quale il giudice attribuisce con proprio decreto efficacia di titolo esecutivo.


Rientrano quindi nella previsione dell’art. 8 comma 3 della legge 24/2017 anche le domande di accertamento del credito risarcitorio nonché le domande finalizzate all’affermazione della responsabilità sanitaria per la violazione del dovere di ottenere dal paziente il consenso informato prima di praticare qualsiasi terapia o indagine diagnostica invasiva. Infatti la mancanza del consenso costituisce un fatto costitutivo del danno da responsabilità sanitaria.


E’ condivisibile altresì l’impostazione che faccia rientrare nell’obbligo della consulenza preventiva anche le azioni risarcitorie dovute a trattamenti medici o chirurgici con finalità meramente estetiche anche perché tali pratiche presuppongono l’adesione di regole e prassi sperimentate nella letteratura scientifica, del pari alle pratiche chirurgiche che esplicano efficacia curativa.

Il ricorso alla consulenza tecnica non può essere sostituito da un eventuale ricorso alla procedura di negoziazione assistita dal momento che in caso di fallimento della procedura di negoziazione assistita si dovrà necessariamente utilizzare in sede giudiziale il ricorso alla consulenza tecnica preventiva.


Quid iuris se la conciliazione tra le parti non riesce davanti al CTU al termine del procedimento ex art. 696 C.p.c.?

Il CTU depositerà l’elaborato peritale e la parte ricorrente sarà a quel punto libera, sulla base delle conclusioni alle quali è pervenuto il CTU, di avviare la successiva azione di merito finalizzata a conseguire la condanna al risarcimento del danno sulla base delle conclusioni alle quali è pervenuto il CTU in tema di accertamento della sussistenza della responsabilità della struttura sanitaria. In particolare, soccorre l’art. 8 comma 3 della legge 24/2017 prevedendo che: “Ove la conciliazione non riesca o il procedimento non si concluda entro il termine perentorio di sei mesi dal deposito del ricorso, la domanda diviene procedibile e gli effetti della domanda sono salvi se, entro novanta giorni dal deposito della relazione o dalla scadenza del termine perentorio, e' depositato, presso il giudice che ha trattato il procedimento di cui al comma 1, il ricorso di cui all'articolo 281-undecies del codice di procedura civile. In tal caso il giudice fissa l'udienza di comparizione delle parti e procede con le forme del rito semplificato di cognizione a norma degli articoli 281-decies e seguenti del codice di procedura civile”. Dunque, entro 90 giorni dal deposito dell’elaborato peritale o entro sei mesi dal deposito del ricorso ex art. 696 C.p.c. (tempo ritenuto più che sufficiente dal legislatore per celebrare l’udienza di comparizione parti, nominare il CTU e dare a tempo a quest’ultimo di “studiare le carte” e pervenire alle conseguenti conclusioni) dovrà essere radicato il giudizio di merito vero e proprio.


Non vi è dubbio che il successivo giudizio di merito presenti il vantaggio derivante da uno svolgimento in forma semplificata: in primo luogo in quanto la domanda introduttiva viene presentata con ricorso, fatto salvo il potere del giudice di disporre la conversione del rito qualora la domanda introduttiva sia stata presentata con citazione; secondariamente, in ragione del fatto che essendo già stata espletata una CTU nel procedimento ex art. 696 bis C.p.c., la stessa dovrà esclusivamente essere acquisita nel giudizio di merito dal Giudice adito su istanza di parte, salvo che l’elaborato peritale non sia stato già depositato dal ricorrente nel momento in cui ha radicato il giudizio di merito.


Può il giudice di merito disporre la rinnovazione dell’elaborato peritale?


In linea di massima la rinnovazione dell’elaborato peritale espletato nel preventivo giudizio ex art. 696 C.p.c. vanificherebbe la finalità acceleratoria dello speciale procedimento introdotto dalla legge “Gelli -Bianco” dal momento che il preventivo espletamento della CTU può avere, specie all’esito di una conclusione negativa in ordine ai profili di responsabilità sanitaria ai quali sia pervenuto il Consulente Tecnico, un effetto disincentivante all’avvio della successiva causa di merito.  Chi, infatti, lamentando un danno da responsabilità sanitaria, di fronte alle conclusioni negative di una CTU, sarebbe motivato ad intraprendere comunque un successivo giudizio di merito?


Tuttavia potrebbe verificarsi l’eventualità che nel procedimento ex art. 696 C.p.c., non siano state chiamate in giudizio tutte le parti che avrebbero avuto diritto a partecipare e a difendersi nel contesto dell’elaborazione della CTU: il tipico esempio è quello di una chiamata in giudizio della struttura sanitaria la quale a propria volta chiamerà in giudizio la propria Compagnia Assicuratrice per essere manlevata in caso di affermazione della responsabilità medica. Se, però, la struttura sanitaria omette di chiamare in giudizio anche il medico curante che, all’interno della struttura, ha eseguito materialmente quell’intervento riconducibile ad asserita malpractice sanitaria, vi è il fondato rischio che, nel successivo giudizio di merito, laddove la struttura sanitaria si sia successivamente avveduta della dimenticanza, essa chieda di essere autorizzata alla chiamata in giudizio del medico curante.


In questo caso, il medico curante chiamato in giudizio con l’obiettivo di condividere l’eventuale responsabilità medica, chiamerà a propria volta in causa la propria compagnia assicuratrice non solo contestando le conclusioni della CTU ma anche chiedendo al Giudice di merito di rinnovare l’elaborato peritale dal momento che egli non era stato chiamato in giudizio nel procedimento ex art. 696 C.p.c., e pertanto non aveva potuto controdedurre con un proprio Consulente Tecnico di Parte nelle operazioni peritali ed alle conclusioni alle quali era pervenuto il CTU.

Ecco che, tale circostanza, viene ad integrare una fattispecie tipica nella quale il Giudice di merito potrebbe disporre, non già la riapertura della CTU permettendo alla parte inizialmente esclusa di interloquire con il Consulente Tecnico d’Ufficio (o il Collegio peritale) autore della CTU contestata, bensì la rinnovazione integrale della CTU nominando un nuovo perito o un nuovo Collegio peritale.


A prescindere da tale accadimento che, in ogni caso, sarebbe suscettivo di dilatare significativamente i tempi di un procedimento concepito dal legislatore del 2017 con finalità accelerate per la rapida definizione di un genere di controversie – quelle derivanti da responsabilità medica – che ha conosciuto negli ultimi anni una crescita esponenziale, vi è da rilevare come a fronte del deposito nel giudizio di merito dell’elaborato peritale il Giudice di merito tenterà a propria volta la conciliazione tra le parti.


In ogni caso il Giudice Istruttore avrebbe comunque dovuto dare alle parti i termini ex art. 183 C.p.c. per il deposito delle memorie di replica e delle memorie contenenti le istanze istruttorie (ad esempio le prove testimoniali) e delle memorie istruttorie di replica, all’esito delle quali disporre l’audizione delle prove testimoniali qualora non avesse già ritenuto la causa matura per la decisione sulla base delle conclusioni della CTU.



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